Il recruiter e l’apprendista (qualificata)
È da diversi giorni che navigo su LinkedIn e che mi imbatto in post di recruiter che snobbano e deridono gli atteggiamenti di alcuni candidati che si presentano ai loro colloqui. Siamo tutti d’accordo sul fatto che ci siano delle regole da rispettare, che sia necessario presentarsi vestiti in un certo modo e con le gentilezze che la situazione richiede, ma tutto ha un limite. Sono davvero indispettita dall’atteggiamento dei recruiter che sbeffeggiano i/le candidati/e che cercano di capire sin dal primo colloquio che tipo di contratto e quanti soldi potranno avere in cambio della loro prestazione. Leggo annunci di lavoro dove si ricercano figure junior super qualificate… Stagisti plurilaureati… Apprendisti con esperienza (questa è la migliore)… Ma dove sta il limite della decenza?
Alla mia età mia madre era già sposata con un figlio… Aveva una famiglia e la manteneva con un lavoro dignitoso.
Oggi quello che un recruiter si aspetta è pura fantascienza… Crede che i candidati debbano vivere in attesa della fatidica chiamata… Quella di un’azienda qualunque tra le mille a cui hai mandato un cv nella speranza di diventare indipendente e di non dover più chiedere 200 euro ai tuoi per poterti fare un weekend con gli amici… Crede che una volta ricevuta questa chiamata il candidato si fionderà in ufficio al colloquio annullando tutto ciò che aveva organizzato fino a quel momento… Una volta arrivato al colloquio il candidato ideale deve stare in silenzio, ascoltare rigorosamente tutte le cose, spesso non chiare, dette dal recruiter che, in quel momento, detiene il potere assoluto. Non può permettersi di fare domande. Deve mostrarsi assolutamente interessato, come se quel lavoro fosse il lavoro della vita e come se si fosse disposti a fare di tutto pur di averlo.
Ma c’è una cosa, che si chiama dignità. Se il recruiter non vuole ricevere domande stupide è proprio lui/lei che deve fornire le informazioni necessarie a valutare correttamente se si è interessati a proseguire. E tra queste informazioni, la prima, o quasi, deve riguardare la forma di contratto e di compenso.
Se una persona cerca un lavoro lo fa per potersi mantenere… E forse i candidati che tanto sbeffeggiate, cari recruiter, sono semplicemente stufi di avere a che fare con proposte ridicole che puntano a farti lavorare 10 ore al giorno con la retribuzione del rimborso spese.
Siete più ridicoli voi che mascherate queste stronzate con la parola “lavoro”, non i candidati che all’ennesimo colloquio fuffa cercano di capire se hanno la possibilità di avere un contratto con due diritti a cui aggrapparsi…
Infatti l’epoca in cui il lavoro si fa per passione è finita… Perché per passione fai volontariato o attivismo… Non compili tabelle excel per 10 ore… Come viene praticamente richiesto a chiunque sotto i 30 anni. Non importa inquadramento o tipo di contratto, non importa quanti titoli hai o quanti anni di esperienza hai già accumulato… L’importante è che tu sia una figura junior silente, disposta ad essere sottopagata senza fare troppo rumore… Se poi hai meno di 26 anni e puoi essere sfruttata attraverso i famigerati stage con rimborso spese, risulti essere la candidata perfetta!
A chi importa se non puoi nemmeno pagarti un affitto.. Tanto ormai puoi condividere stanze con perfetti sconosciuti nella tua stessa situazione.. L’importante è sorridere al recruiter e portare avanti la favola ipocrita per cui il tuo sogno sia veramente osservare un ciclo di produzione del prodotto e che con lauree e master in tasta aneli di fare la segretaria a vita.
Nemmeno una volta si facevano certi lavori per passione, ma almeno c’era l’onestà di dirlo e di chiamarli per quello che erano senza nasconderli dietro anglicismi apparentemente più fighi. Avevo un amico andato in Australia.. Faceva un lavoro con un nome fighissimo nella cui dicitura compariva anche la parola manager.. Nella nostra banale lingua invece raccoglieva mandarini.