LinkedOut, le conseguenze psicologiche del virus
Eravamo partiti/e ottimisti/e. Nuovo anno, nuova vita, un bel saluto al 2020. A distanza di qualche giorno dall’inizio dell’anno direi che la differenza tra 2020 e 2021 non si riesce a percepire. Zona rossa, Zona arancione, ancora Zona rossa, poi improvvisamente gialla, poi arancione di nuovo e ora? Lunedì l’Italia sarà nuovamente divisa a zone. In Emilia Romagna quello che si percepisce è un gran caos. Le scuole superiori dovevano aprire il 7, poi l’11, ora il 25. E ci si lamenta, giustamente, perché non si sa a cosa tutto questo stia portando. Il contagio non si ferma, le varianti si moltiplicano. Come detto, il caos.
Ed è proprio per la ricerca di ordine che su LinkedIn stanno comparendo diversi post sulle conseguenze psicologiche di tutta questa situazione. Gli studi sono diversi ma la conclusione, ovvia per certi versi, è che tutti/e noi stiamo soffrendo l’isolamento e stiamo manifestando danni a livello psicologico. Disturbi da stress, disturbi comportamentali, disturbi del sonno, disturbi di concentrazione, disturbi di memoria. Questi i principali.
Il fatto che anche su un social come LinkedIn, indicato come il social in cui il tema principale è il mondo del lavoro, si parli di queste conseguenze, significa che il problema si sta manifestando in maniera molto pesante. E indubbiamente tocca anche l’ambiente lavorativo. Si vive in questa dimensione sospesa in cui prendere decisioni è diventato troppo complesso, in cui creare strategie coinvolge troppe variabili, in cui il rischio d’impresa ha raggiunto livelli incalcolabili. Se prima c’era la voglia di mettersi in gioco in una nuova sfida, ora c’è la rassegnazione per la paura di non uscirne.
Ma non è solo questo, la dimensione sospesa ha ripercussioni anche su tanti altri aspetti. Non ci sono assunzioni, “fortunatamente” per qualche mese non sono possibili i licenziamenti, tutto è fermo. E penso alle categorie che credo abbiano sofferto psicologicamente più di tutti/e.
Penso ai/alle giovanissimi/e che si sono sentite private del diritto al gioco, del diritto allo studio in compagnia dei propri compagni e delle forme di interazione fondamentali per un corretto sviluppo delle competenze sociali.
Penso ai/alle giovani che ottenuto un titolo nel gennaio 2020 non sono riusciti/e minimamente ad affacciarsi al mondo del lavoro e che, in una situazione già complessa prima del covid, si troveranno tra qualche mese ad avere già troppi anni per lo stage e troppa poca esperienza per essere assunti/e. Penso al loro anno di niente, alla fatica di svegliarsi tutte le mattine senza un obiettivo concreto da perseguire.
Penso ai/alle non più giovani che avendo perso il lavoro a gennaio 2020 non sono più state in grado di trovare un’occupazione. Penso alla loro difficoltà di poter avere ancora un minimo di fiducia verso la situazione attuale. Ad una situazione che davvero è difficile da svoltare.
Penso alle soggettività fragili di tutte le età, che si sono trovate improvvisamente rinchiuse in una stanza. Che hanno accantonato tutta la loro vita, relazioni, lavoro, hobbies, per la paura del virus.
E credo che sia difficile ricominciare un anno così, con una maratona di Mentana inaspettata il 6 gennaio per il più grande attacco alla democrazia americana; con l’incertezza palpabile all’interno del nostro governo; con le nostre menti stanche e provate dal 2020 appena concluso. Ma il 2021 potrà essere un anno di cambiamento, a partire da Biden che ha affermato che il governo americano da lui presieduto sarà il governo con un ugual numero fra uomini e donne al suo interno. Qualcosa sta iniziando a cambiare, l’unica cosa possibile è provare ad avere ancora un po’ di pazienza.