LinkedOut, la ricerca di giovani esperti/e

Una contraddizione in termini. “Cerchiamo giovane laureato in materie umanistiche, con certificazione B2/C1 in inglese, preferibilmente con conoscenza di una terza lingua. Necessaria esperienza analoga nella stessa mansione di almeno 2 anni”

Ecco un annuncio base con il quale i nostri recruiter cercano giovani talenti da inserire nella propria azienda. Quello che succede nella maggior parte dei casi è che a questo annuncio di lavoro venga associata un’offerta di stage.

Punto numero 1: uno stage non può essere attivato per una mansione analoga a una precedente esperienza. Quindi spesso si camuffa lo stage indicando nel progetto formativo del candidato una posizione differente da quella per cui si è selezionati.

Punto numero 2: se un candidato si laurea in tempo, con 2 anni di esperienza arriva a 26 anni. Non è detto che conosca le lingue come richiesto, poniamo che ci voglia 1 altro anno per raggiungere il livello linguistico richiesto. Siamo a 27 anni. A 27 si può offrire ancora uno stage? Purtroppo sì. Così i nostri giovani sono obbligati a stare in casa con i propri genitori, oppure a condividere squallidi appartamenti fatiscenti nel centro città con perfetti sconosciuti. Se poi a 27 anni il candidato è una candidata allora le cose si complicano ancora di più. L’azienda vede la 27enne come prossima alla maternità. Con una visione ancora arcaica di questo processo, visto che oggi fino ai 30anni si fatica pure ad avere la propria privacy in case condivise. Tutto viene valutato come “costo azienda”.

Tutto mediato dal fattore tempo. Non c’è tempo per formare i/le giovani laureati/e che si approcciano al mondo del lavoro, non c’è tempo per aspettare il tempo di una gravidanza, non c’è tempo per selezionare accuratamente un/una candidato/a. L’azienda ha bisogno di una risorsa, ne ha bisogno oggi, esce, va su LinkedIn e trova il/la primo/a disperato/a bisognoso/a di soldi a cui possono tranquillamente offrire 400 euro al mese per un lavoro da pluri qualificato.

Poi c’è l’altro trucco: “retribuzione commisurata all’esperienza del candidato”. Un modo carino per dire che ci si sentirà autorizzati a sottopagare poiché l’esperienza del candidato non sarà mai all’altezza degli standard aziendali.

E si vive in questo paradosso: standard molto alti/selezione sulla base di quanto il candidato è disposto a rimanere tranquillo davanti a offerte ridicole.

Dove avviene questo match? Sempre su LinkedIn. Il luogo che abbrevia le distanze, quello in cui si creano i collegamenti, le reti, le opportunità. Ma anche il luogo in cui i candidati si sentono spesso presi in giro da annunci indecenti, scollegati dal mondo reale: quello in cui il lavoro serve per potersi permettere una vita.

E così immagino il Recruiter come il Bianconiglio, correre qua e là urlando “E’ tardi!”, e senza rendersene conto lo diventerà davvero. Il pianeta ce lo sta dicendo, forse varrebbe la pena ascoltarlo. 

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