Elisa, Odette e Mirko, tre di noi
Le state seguendo le Olimpiadi di Tokyo 2020? Noi sì, quando si può. Ieri, per dire, eravamo incollate alla televisione guardando anche sport di cui sapevamo nulla o quasi. Venivamo a conoscenza di nomi e cognomi di atlete/i di cui ignoravamo l’esistenza. E al di là delle vittorie e le sconfitte, le delusioni e le sorprese, scoprivamo come ogni volta che c’è sempre un mondo che riemerge da chissà dove che è allo stesso tempo dentro la storia e atemporale. Sconosciuto eppure a un tratto lì con te.
Poi, qualcuno vince. Anzi, l’Italia vince. Scherma e softball a parte, per ora. Ieri però, domenica, è stata una giornata abbastanza particolare. Nessun oro, ma tre bronzi che sembrano oro. Da parte di nomi semisconosciuti, come spesso capita. E sono questi nomi che gareggiano e vincono qualcosa che poteva essere oro, ma oro non è, che ti fanno capire quanto sia stata dura arrivare lì, con un anno di ritardo, con allenamenti fatti magari in un garage adibito a palestra, come è successo a Vanessa Ferrari che poi ci ha lasciato senza fiato nel corpo libero, o sudando le sette camicie (in ogni senso) per esserci.
Vedi Elisa Longo Borghini, medaglia di bronzo, la stessa di cinque anni fa a Rio nella prova di ciclismo su strada in linea. La ascolti un po’ distrattamente dire: «Ho corso con tutte le persone che mi vogliono bene col cuore: mio papà, mia mamma, il mio fidanzato, i miei tifosi, volevo regalare a tutti la gioia di una medaglia. Arriverà anche il momento in cui vincerò l’oro, ma oggi sono tanto contenta per l’Italia. Sono felice di aver fatto un bel risultato per l’Italia perché quando indosso la maglia azzurra c’è sempre uno stimolo in più». E ti commuovi.
Anche Odette Giuffrida ieri ha vinto la medaglia di bronzo, ma nel judo. Nella finalina supera l’ungherese Reka Pupp grazie a un ippon. La senti spiegare che «è una medaglia di bronzo piena di orgoglio. Un bronzo che trasformerò in oro, a Parigi me lo prendo. Ho già videochiamato mio nonno, mi ha detto che la medaglia me la pitturava lui non importava il colore. Quindi nonno, preparati che me la devi fare d’oro. Spero di aver fatto sognare tantissimi giovani e aver dimostrato loro che non importa da dove arrivi e ci sei. Il lavoro ripaga sempre». E ai bambini direbbe: «Togliti le scarpe, sali sul tatami e prova. Io mi sono subito sentita libera e nel mio mondo».
Mirko Zanni, terzo bronzo italiano di ieri nel sollevamento pesi, dedica la medaglia a suo nonno Giuseppe, ex campione italiano di bocce. «Da lassù ha spinto su quell’ultimo bilanciere con me. Eravamo in due, ed è stato infinitamente più facile». Poi invece scopri che non è stato facile per niente per questo ragazzo friulano di 23 anni. Ha raccontato di «dieci anni di rinunce, di lacrime amare, di amicizie saltate, di serate non vissute». Dice che l’arma segreta si chiama Silvia. Non è una ragazza. O meglio, è la sua cintura che lo tiene stretto da quando solleva i pesi, alla fine lo abbiamo visto baciarla, ma in realtà Silvia era una ragazza di cui si era innamorato da ragazzino, «ma lei nemmeno mi filava». È passato un bel po’ di tempo, ma «certe cotte scottano».
Allora, grazie Elisa, grazie Odette, grazie Mirko. Non avete fatto sognare solo i giovani, ma anche noi. Di sicuro, noi di Noialtre. Anche se non ci siamo assembrate nelle piazze d’Italia.