Milena Marchioni, travel blogger sui generis: «L’estate? Fluida e inaspettata, ma è il suo bello»
Raggiunta al telefono, prima della sua voce allegra arriva il frastuono di un’onda. Quella del mare di Vallugola. Marche, quasi Romagna. «Una volta che capisci che si può lavorare anche qui, lavori meglio», dice Milena Marchioni, per gli amici Milly. Il suo bello è prendere il lato positivo in ogni cosa. «Può sembrare banale, però oggettivamente in Italia c’è di tutto».
Milena Marchioni, bolognese, travel blogger, nel 2011 ha messo in piedi il blog, oggi seguitissimo, “Bimbi e viaggi”. Dietro di lei, ma neanche tanto, Davide e la figlia Amy di 12 anni. Tutto in famiglia. Tutto nato per gioco. «Mia figlia aveva 4 anni e aveva già fatto viaggi lunghi all’estero. Gli amici mi chiedevano come ci organizzavamo e da lì è nata l’idea del blog. Dopo un anno iniziavano a spuntare i primi eventi per travel blogger e mi sono detta: “Questa cosa la devo fare seriamente”. Un po’ alla volta è diventato un lavoro. Un grande valore aggiunto sono i racconti di tante famiglie, con bambini da zero a… bamboccioni. E ovviamente la passione». Ma passione chiama passione e col tempo Milly scopre i vulcani. «Un giorno mi hanno portato a fare trekking a Vulcano, me ne sono innamorata e ho iniziato a viaggiare anche alla scoperta di vulcani. Possibilmente attivi». Da qui l’altro suo blog, “Viaggi e Vulcani”.
Perché Noialtre si è decisa di contattarla adesso? Perché nel post lockdown volevamo sapere se qualcosa è cambiato in questo settore. Nella frequentatissima ed eterogenea community a cui ha dato vita, Milly ne sta vedendo “di ogni”. «Ricevo racconti di tanti tipi di viaggi in prossimità. Allora capisci che questo ci costringe a scoprire o riscoprire l’Italia, ma non come ripiego».
Il periodo peggiore per lei? «Quello della transizione. Quando a febbraio iniziavano a chiudere le frontiere e non si capiva il destino che ci aspettava. Lì ho sentito davvero il disagio. Poi una volta iniziato il lockdown mi sono messa il cuore in pace, ho iniziato a farmene una ragione e a pensare alle esperienze che potessero regalarmi un benessere: la natura, la pace, considerando che aver perso un viaggio o del fatturato era cosa trascurabile rispetto a quello che è successo a moltissimi italiani».
Viaggiare, dice, aumenta quella resilienza che poi ti torna utile nella vita di tutti i giorni. «L’ho notato anche in mia figlia che non ha subito il disagio di stare ferma. Ci chiedevano: come avete fatto voi che viaggiate sempre? Abbiamo fatto. Serenamente. Magari il fatto che facciamo viaggi spesso scomodi ci ha aiutato a stare scomodi in casa».
E adesso si riparte. Con prudenza. «C’è chi non ha abbandonato le paure, chi lentamente prova a reagire. In via generale si tende a scegliere realtà meno affollate. E si riscopre la montagna. Anche tra chi non ha mai valutato finora un’opzione del genere. Con i rischi connessi. Senti storie di persone che girano in infradito nei sentieri e si fanno male, al che penso: vedrai che poi se le comprano le scarpe da trekking». Se non è montagna, è entroterra. Anche nelle zone di mare. Con una grande attenzione per l’alloggio. «Tendono a scegliere un appartamento o una struttura indipendente, anziché l’albergo. Altro aspetto che sto notando è lo spostamento di target. Penso alla Riviera Romagnola, ad esempio. Con i lettini distanziati, con meno animazione, uno pensa che sia morta. Invece molti ci vanno proprio perché senza bambini e animazione». Insomma, più mare, meno contorno. «E l’età si sposta. È tutto più fluido e inaspettato. Anche tra le scelte diverse dal mare, sapere che c’è meno Cortina e più Appennini vuol dire che è tornata la voglia di scoprire. Staccare la spina, ossigenarci dopo questo periodo di clausura è la prima cosa».
Il 18 marzo 2020, giorno tragico di cui ci rimangono le terribili immagini dei mezzi militari che a Bergamo portavano le salme, Milly ha scritto su Bimbi e viaggi parole rischiose. Potevano sembrare provocatorie. Il titolo era “Viaggiatori ai tempi del coronavirus: cerchiamo leggerezza tra paura e rabbia”. Nella premessa ammetteva di avere pensato a lungo prima di scriverlo temendo aggressioni verbali e falsi moralismi. Oggi lo rifarebbe.
«Quello che ho scritto era nato dall’incontro – scontro con i membri della mia community. Da un lato alcuni non volevano assolutamente parlare di viaggi in un momento così delicato. Dall’altro c’era chi mi diceva, e anche medici che lavoravano in ospedale, di non mollare per il bisogno di staccare la testa e pensare a cose leggere. Anch’io avevo bisogno di leggerezza. Perché penso che faccia bene in momenti così. E perché sono una persona altrettanto ferita dalle guerre in giro nel mondo, dai bambini che muoiono di fame, quindi se dovessi dire di non parlare di viaggi perché esistono le tragedie, allora non ne dovrei parlarne mai. Mi sembra un falso moralismo smettere di parlare di queste cose solo perché il problema è vicino a noi.
Dovremmo essere consapevoli di quello che facciamo nel rispetto per le persone che soffrono, che siano italiane o siriane. Nel parlare di viaggi mi sento di non mancare rispetto a nessuno. Quindi non ho chiuso la community e ci siamo inventati iniziative come “In viaggio sul divano”, con famiglie vestite come se dovessero andare a fare snorkeling o trekking in salotto. Abbiamo regalato un sorriso in un momento in cui era difficilissimo ridere, condiviso film, canzoni, meme. È il mio lavoro». Il primo viaggio lungo che farà? «Non ne ho idea. Ma ho capito che vivere il presente ha un aspetto positivo. Quindi, godiamocelo. Per me, che organizzo sempre tutto, non è poco».