Ciao 2019. Lista incompleta delle donne più forti secondo noi
Se i più prestigiosi magazine del pianeta ci raccontano da un po’ che il 2019 è stato l’anno delle donne, perché non dovremmo farlo noi di Noialtre? Allora, sapete che c’è? C’è che la facciamo anche noi, questa lista. Così, spontanea. Tra un preparativo per il cenone e la ricerca di un pezzo nuovo da mettere addosso. Eccola qua. Ordinata ponderatamente in ordine crescente d’età. Nessuna pretesa di esaustività. Anzi: chi vuole aggiunga pure.
Le più piccole. Il pensiero va a Rhea Bullos. Ha 11 anni, è filippina e corre con le Nike finte ai piedi. Le ha costruite con bende e gesso e il marchio lo ha colorato col pennarello. È povera, ma a correre non rinuncia. Frequenta la scuola elementare della cittadina di Balasan, ha corso così ai campionati studenteschi locali di atletica leggera, trionfando nei 400, 800 e 1.500 metri del torneo sportivo della città di Iloilo. È la sua famiglia ad averle suggerito l’idea del “dipinto”, il suo coach lo ha condiviso sui social e la notizia, come si dice, è diventata virale. Vogliamo pensare che nel frattempo abbia ricevuto scarpe vere. Intanto, grazie Rhea. Perché la prossima volta che proviamo a fare la nostra pigra corsetta, non penseremo alle scarpe perfette. Basta la passione.
Le più grandicelle. Siamo scontate. Quotiamo anche noi Greta Thunberg. I motivi? Tanti. Basti dire di ieri. Greta ha curato l’edizione di “Today”, uno dei programmi più seguiti di Radio 4 della Bbc. Le chiedono perché non ha voluto incontrare Donald Trump e lei risponde: “Avrei perso tempo. Se non ascolta gli scienziati, perché dovrebbe ascoltare me?”. Suo padre ha parlato della depressione di sua figlia in passato, si è detto orgoglioso per la sua scelta, anche se all’inizio non era d’accordo che saltasse la scuola. La vede più felice, ma è preoccupato per l’odio che può subire. Intanto, sempre ieri, la Bbc ha mostrato il dialogo via skype la giovanissima attivista e Sir David Attenborough. Lei, 16 anni. Lui, notissimo divulgatore scientifico, 93. Si sono ringraziati a vicenda. Era il loro primo incontro. Ci hanno commosso. E allora grazie anche per questo.
Intorno ai 20. Qui diciamo Paola Egonu. Anche qui, facile: sono in molti a celebrarla. La pallavolista della nazionale italiana, medaglia d’argento ai Campionati Mondiali in Giappone nel 2018, bronzo agli Europei di quest’anno, vincitrice della Champions con Novara, una Supercoppa e un Mondiale per club (con Conegliano), a 21 anni catapulta nel futuro anche noi. Ma la vittoria più bella, lei, di origini nigeriane, fidanzata con la pallavolista Katarzyna Skorupa, è sul razzismo e i pregiudizi. Vi pare poco?
Tra i 20 e i 30. L’hanno definita, come si fa spesso in questi casi, la Greta Thunberg italiana. Federica Gasbarro, 24 anni, è stata scelta dall’Onu come unica rappresentante del nostro Paese allo Youth Summit. Ci sembra già un buon motivo per dirle grazie.
Le trentenni. Il pensiero va ad Alexandria Ocasio-Cortez. Trent’anni il 13 ottobre, l’attivista dell’ala sinistra del Partito Democratico è la donna più giovane eletta al Parlamento nella storia degli Stati Uniti. Solo una settimana fa ha detto che il presidente Usa “è spaventato dalle donne afroamericane, dalle donne latinoamericane, musulmane, asiatiche… da quell’America che lui stesso si rifiuta di accettare”. Grazie, perché riesce ad attaccare Trump come pochi. E che il “Green New Deal” sia con noi.
Generazione 30-40. E qua si abbonda. Le prime? Carola Rackete. 31 anni, due lauree, parecchie lingue conosciute, capitana della Sea Watch 3, memorabile per gli scontri con l’ex ministro dell’Interno, bersaglio degli haters. Tutto come da copione, insomma. Come non riconoscerne il coraggio?
Sanna Marin. A 34 anni è la prima ministra più giovane al mondo. Socialdemocratica, cresciuta in una famiglia arcobaleno, da questo mese è a capo del governo della Finlandia. Formato quasi interamente da donne. «Non ho mai pensato alla mia età o al mio genere. Penso alle ragioni per cui sono entrata in politica e agli argomenti sui quali abbiamo conquistato la fiducia dell’elettorato», ha dichiarato. Parole fantascientifiche, per noi che le ascoltiamo dallo Stivale. Premier in Nuova Zelanda è invece Jacinda Ardern. 39 anni, inclusiva, progressista, a marzo, se si ricorda, in seguito all’attacco di due moschee di Christchurch (49 morti), andò a trovare i parenti delle vittime con il capo coperto da un foulard. In precedenza si era avvicinata alla comunità maori.
Dalla politica allo sport. E non possiamo omettere Megan Rapinoe. La campionessa del mondo con la nazionale statunitense di cui è capitana il 2 dicembre ha anche vinto il Pallone d’Oro. Lesbica dichiarata, sostenitrice dei diritti Lgbtq, oppositrice delle politiche di Trump. Applausi.
40-50 anni. Come non citare Ilaria Cucchi? Dieci anni di lotte per conoscere la verità sulla morte di Stefano. E non si ferma più. Solo pochi giorni fa era a Ferrara, alla conferenza stampa della Cgil che ha denunciato un ufficiale dei Carabinieri per aver impedito le cure a un arrestato. «Sono qui perché in questa nuova vita ho deciso di battermi per difendere i diritti fondamentali dell’essere umano».
Oltre i 50. Nell’anno della brillante prestazione della nazionale al Campionato Mondiale Femminile di calcio e dell’accesso dello sport femminile nel professionismo, ecco un nome su tutti: la ct Milena Bertolini. 53 anni, c’è chi (in realtà molti e molte) ancora la chiama “mister”. Poco male. Qualcosa è già cambiato. Ci vuole pazienza.
60-70-80 e oltre… Benedetta Barzini. Suo figlio Beniamino Barrese le ha dedicato il docufilm “La scomparsa di mia madre”, ma lei è più presente che mai. E sono cose che fanno piacere.
Jane Fonda. Perché… basta lei, nome e cognome. Come abbiamo scritto in occasione del suo 82° compleanno, grazie di esistere.
Liliana Segre. A 89 anni dice con estrema lucidità: «Io non perdono e non dimentico ma non odio». La sua testimonianza, raggiunta dopo decenni di silenzio – «Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza» – è un bene prezioso di fronte al quale dire grazie è poco.
Senza età. È quella di Theresa Kachindamoto (nel senso che non è pervenuta). Da quando Theresa è capo tribù di un villaggio del Malawi ha fatto annullare 850 matrimoni di spose bambine e poi le ha rimandate a scuola. Standing ovation.
In conclusione, una canzone e una lettera al mondo. La canzone è un inno intergenerazionale. Quello delle donne cilene contro la violenza maschile: “Un violador en tu camino”. Il testo della canzone che le donne hanno cantato alla manifestazione del 25 novembre, Giornata contro la violenza sulle donne, nel flash mob a Plaza de Armas a Valparaìso, è stato poi ripetuto in diverse città cilene, e poi nelle città di mezzo mondo. “Il patriarcato è un giudice che ci giudica per essere nate. E il nostro castigo è questa violenza”, è il suo incipit gridato dalle donne che puntano il dito contro i poliziotti, i giudici, lo Stato, il presidente.
La lettera aperta è quella delle donne combattenti curde che lottano per la libertà, contro il fondamentalismo islamico. L’hanno scritta in seguito all’invasione della Turchia del nord est della Siria avvenuta lo scorso 9 ottobre. È una testimonianza e un appello alla solidarietà verso il popolo curdo. Perché loro, come si legge nella lettera, “sulla solidarietà internazionale e la lotta comune di tutte le donne e gente che ama la libertà” ci contano davvero. Nonostante tutto.
Buon 2020, sempre e comunque.
Grazie Mille Davvero! E buon 2020 😊🌍❤!!