Amanda Lear compie gli anni. Forse sono 80. E se così non fosse?
– Forse oggi dovremmo fare gli auguri ad Amanda Lear che dovrebbe compiere 80 anni.
– Perché tanti dubbi?
– Ma scherzi? Fonti accreditate danno il 18 novembre 1939 come sua data di nascita.
– A posto. Auguri.
– La fai facile, tu.
– Perché?
– Perché non è proprio sicuro sicuro. Nel senso: sul 18 novembre quasi tutti sono d’accordo, sull’anno un po’ meno. Se vai a vedere Wikipedia francese, c’è scritto che è nata tra il 1939 e il 1950.
– Una bella differenza. Ma in fondo cosa importa?
– Già. Cosa importa? Poi anche lei dice che non festeggia. Non gliene importa niente di festeggiare. Anzi, ha anche detto che quando si sente dire che è bella per l’età che ha, va su tutte le furie perché vorrebbe che si togliesse la questione dell’età.
– E ha ragione.
– A dire la verità non si sa nemmeno dove sia nata. Saigon oppure Hong Kong? Ma che importa?
– Già, che importa?
– Ma alla fine, se niente importa, glieli facciamo questi auguri ad Amanda Lear?
– Sì, ma senza darlo troppo a vedere. Vedi, altre cose che non sopporta è sentirsi chiamare “icona”, “musa”. Per dire, non era la musa di Dalì. Con lui aveva un’affinità elettiva. Come per David Bowie. Lei sosteneva che amava più l’immagine di lei che lei stessa. Invece lei lo amava, anche se – e questo non lo capirò mai – diceva anche che era bruttino e si infastidiva perché, truccandosi più di lei, non si struccava e sporcava sempre il suo cuscino.
– E poi?
– E poi finì. Lui la avvicinò al canto. Cioè, diciamo così.
– Ah, canta?
– In un certo senso. Ma erano gli anni della discomusic, sai. Mai sentito Tomorrow?
– No.
– È il primo ricordo che ho di lei. Un’amica ricorda per prima “Cocktail d’amore”, invece. Mia sorella, sulla quarantina e qualcosa, ricorda solo vagamente quello che chiama “il vocione”. E tu?
– I Baustelle. E io pensavo fosse il titolo di una canzone.